Anno2018DoveComplesso monumentale de l'Ospitale, Rubiera- Reggio Emilia

Mostra Imago Hominis. Rubiera(RE) 2018

Imago Hominis #3

UMBERTO NOBILI 29/09/2018 Reggio Emilia

la mostra documenta la fase più recente della produzione di Francesco Fontanesi, autore da sempre impegnato in una continua e molto qualificata ricerca espressiva.

Vale la pena perciò di conoscere, insieme con l’ultimo approdo delsuo lavoro, anche la personalità del pittore ( che è pure un valido e apprezzato scultore), così unica e interessante da giustificarne la lettura in chiave di esplorazione di un ‘avventura allo stesso tempo artistica e umana.

Chi come me conosce Fontanesi da vari decenni, sa riconoscergli un’oscillazione del temperamento in bilico sempre tra volontà di essere concretamente nel mondo, cogliendone e condividendone con pieno spirito etico le più diverse e cogenti problematiche e una particolare forma di evasione verso i territori della fantasia, con frequenti concessioni a momenti di straniamento, di fuga dalla realtà.

Proprio in tali sortite prende corpo un gioco di inaspettata e originale interpretazione, talvolta magari ironica, della vita, rispondente, però al sentito desiderio di penetrare con maggiore verità il sentimento dell’esistenza.

 

 

Fontanesi è così: disordinato, distratto, apparentemente smemorato, ma decisissimo a non assecondare la banalità, gli stereotipi, i luoghi comuni sui quali, nel nostro mondo, propende spesso ad adagiarsi la comunicazione. La manifesta tendenza alla disorganizzazione in tutto ciò che attiene le faccende pratiche contrasta con la ferrea solidità dei suoi principi morali e delle aspettative spirituali, che si traducono in una vigile e sinceraattenzione alle più gravi questioni sociali, al rispetto per i più svantaggiati e al riconoscimento della loro dignità.

Dedicare un po’ di tempo alla conversazione con fontanesi significa entrare in una dimensione di inedita credibilità del quotidiano, ove, senza scossoni o turbamenti psicologici o colpi di scena a sorpresa, si dipana un flusso sereno di pensieri, di idee, che costringono a dimenticare ogni pregiudizio e a mettere in moto nuovi congegni di conoscenza e di verifica identitarie del presente dell’umanità.

Col profilo dell’autore concresce e si comprende meglio l’interesse particolare per la “imago Hominis”, per il tema, cioè, studiato e scelto come filo conduttore della esposizione di Rubiera. Che è, come si è detto, l’attuale punto di arrivo di un lungo lavoro, condotto, con rigore e con molta onestà, perchè messo al vaglio dipreziosi confronti con le esperienze di colleghi amici e sottoposto a correzioni, ripensamenti, aggiustamenti o decisivi cambi di indirizzo riguardo sia alle tecniche che alle scelte stilistiche.

La formula figurativa ha complessivamente caratterizzato il suo lessico, pur con una breve , ma intensa e significativa, stagioneinformale. A dire il vero alcune istanze della poetica informale hanno suggestionato Fontanesi in una certa misura: in special modo l’idea che nel colore, nella sua ricchezza ed esuberanza materica, ancor prima del suo compito di definire le forme, si realizzi quell’identità tra sostanza pulsante delle cose ed essenza della natura, capace di farsi specchio di coinvolgimenti rivelazioni sensoriali e sentimentali. Dunque al colore, ora denso, ora più rarefatto, ora stratificato, ora ridotto a lievi tracce, fontanesi ha assegnato il compito di far uscire dal tempo le sue creature, di disintegrare la corporeità per trasformarle in presenze sospese e trasferirle, come per magia, oltre i confini del consueto e del razionale.

Nella rassegna di Rubiera è convocato in avvolgente coralità tecnica un buon numero di acrilici su cara incollata al legno. riuniti sotto l’etichetta “Imago Hominis” (l’immagine dell’uomo) . Il genitivo soggettivo dell’espressione latina vuole sottolineare l’indagine condotta sulle molte sfaccettature dell’essere uomo, per il tramite di immagine ripensate e ricostruite dall’artista sulla base di un gesto, postura, un cenno del volto, un certo sguardo, carpiti alla quotidianità e risarciti di nuovi significati.

Esigui dati fisiognomici, colti casualmente e di sfuggita, sono diventati sedimento estemporaneo della memoria . e alimento di un immaginario tutto mentale in contrasto pieno con le situazioni oggettive di partenza. Infatti l’imago homis esula totalmente dalla concezione del ritratto, in quanto non è mai riferita a singole persone, ma rimanda a una esplorazione della condizione umana letta fin oltr ei suoi margini e a al fondo delle più riposte plaghe dell’anima. Parimenti è lontana dal resocontismo. ora divertito, ora dolente. della tradizionale pittura di genere.

Si è parlato del colore come dello strumento fondamentale del lavoro d Fontanesi; nelle opere di questa esposizione, pur così rattenuto, steso per campiture leggere pur così simili talvolta alle sfumature dell’acquerello e capace poi di sorprenderci con improvvise, quasi violente accensioni; l’impianto cromatico è l’assoluto protagonista.

E’ pur vero, tuttavia, che all’artista è stato utile servirsi del disegno per fissare di getto, in rapidi schizzi le prime, più immediate e istantanee impressioni nell’approccio con gli elementi della visione.

I taccuini di appunti registrati in presa diretta 8 si potrebbe dire “en plein air”), incisivi, essenziali, vivacissimi, attestano un metodo compositivo che predispone gli spezzoni del visibile a una elaborazione dell’immagine, fatta “in studio” suscettibile di ben altre rivelazioni saldate con le esigenze dell’interiorità e sempre in leggera gravitazione verso qualcosa di indefinibile e segreto.

Chi sono dunque queste figure che, attraverso l’espediente pittorico, compongono l’affresco di una “imago hominis” fortemente spiritualizzata e scrutata nelle ragioni dei pensieri profondi, delle intime emozioni, dei sentimenti eterni?

Innanzi tutto si riferiscono a persone sole e solitarie, persino quando si riuniscono in gruppo; esse crescono da vuoti fondali, ove un grande silenzio si riempie di suggestive di suggestive vibrazioni. sono fermenti dell’anima, saldati a un corporeità ridotta al minimo, liberata dal fragore superfluo, soffocante delle consuetudini, dei gironi sempre uguali e dal loro di più di inautentico.

Il processo di sintesi attivato, rispondente alla tendenza propria dell’arte contemporanea, è funzionale alla volontà dell’artista di isolare le figure nel cerchio di una ricostruita identità, intessuta di malinconie, inquietudini e disillusioni.

Nucleo focale delle immagini sono i volti, gli sguardi in special modo, coi quali esse comunicano con noi e sono richiami a una qualità dell’osservazione impostata su un supplemento di indagine introspettiva, suggerita allo spettatore, riguardo il oro “esserci”, alle motivazioni e al peso simbolico della loro presenza.

La dinamica degli sguardi spesso poi si ribalta e sono loro, le immagini , a fissarci negli occhi o a indirizzare la loro vista verso traguardi lontani, indefiniti, misteriosi, come per invitarci a imitarle nel riservare maggiore spazio al nostro mondo interiore o a misurarci con prospettive spirituali di respiro vitale superiore alle circostanze contingenti dell’esistenza.

Per manifestarsi le forme assumono la veste di personaggi, dicaratteri tipici: i suonatori, il sarto, il pittore, la fioraia, la donna tirassegno, gli habitué dei bar, il monsignore, il veterano, il collezionista, il mangiatore di anguria o di spaghetti, i fumatori, gli spettatori al cinema, il pensatore ripreso in vari atteggiamenti, la donna postata in diverse situazioni emotive ( depressa e assente, provocante e maliziosa). Il parsimonioso risalto dei dettagli narrativi dimostra quanto l’intenzione dell’autore esuli da ogni specifico interesse descrittivo e cerchi invece il punto di rottura tra apparenza e sostanza dei fenomeni, puntando a un’evocazione epico-lirica della condizione umana.

Talvolta un segnale esteriore può illuminare un’atmosfera econnotarla simbolicamente: è il caso, ad esempio, dell’agave nel quadro che porta lo stesso titolo e che diventa controcampo della intrinseca solitudine del soggetto.

La riduzione a una resa virtuale, piuttosto che realistica, della rappresentazione non intacca la solidità strutturale delle forme. Come per magia esse compaiono da un vuoto immemorabile di spazio e di tempo e prendono consistenza secondo una sintassi addizionale di pennellate squadrate, geometrizzanti, che, se da un lato assecondano l’andamento astrattizzante della composizione, dall’altro rendono effettivamente percepibili e condivisibili le allusioni alle pulsioni e alle tensioni dell’esistere. La soluzione stilistica adottata rimanda a precedenti illustri, addirittura ai protagonisti dell’avvio e del consolidarsi dell’avanguardia storica, cioè a Cezane e a Picasso. al confronto col primo maestro può collegarsi il principio di schematizzazione diedrica della composizione, utile ad articolare i volumi sfaccettati in estensioni indefinibili nello spazio.

La lezione cubista di Picasso è certamente tenuta presente, pur con le dovute differenze, nella trasfigurazione concettuale della realtà, elaborata in sostituzione di una visione puramente ottica e sensoriale.

Riguardo poi alla ricognizione sulle emozioni, i turbamenti, gli stati sommersi dell’anima , passati al filtro di una dolente orchestrazione di tipi umani, non si possono ignorare gli stimoli culturali dell’Espressionismo nelle sue molteplici varianti. Francesco Fontanesi, artista autodidatta, ha saputo sviluppare e assecondare una notevole sensibilità estetica che lo ha indotto a vedere, studiare, leggere, aggiornarsi di continuo per acquisire una completa formazione professionale e giungere a una comprensione dei paradigmi di una comunicazione visiva corrispondente e adeguata alla sua qualificata e personalissima declinazione dell’attività artistica.

Il traguardo della sua ricerca va be al di là dei referti delle correnti o delle scuole; la sua cifra distintiva è venuta definendosi, oltre che sulla condivisione dell’assunto che tutta l’arte contemporanea punta alla semplificazione, alla sintesi e all’astrazione, soprattutto sulla base del concetto che, a mo’ di compensazione della perdita dei valori naturalistici, vanno individuate e privilegiate le potenzialità sacrali, sovrassensibili, quasi soprannaturali, di tutti i linguaggi artistici, compresi, ovviamente, quelli fratelli della poesia e della musica.

La natura dei messaggi veicolati dall’arte assume già di per sé uno spessore di sacralità per l’innalzarsi del pensiero verso una luce di sublimazione rispetto alle zone d’ombra di un vissuto arido e piatto.

Letto dall’interno della acuta sensibilità di Fontanesi, il mosaico umano montato sulla scena dei suoi quadri prende mobilità e verità nuove e si carica di suoni e voci suadenti che restituiscono una diversa e più appagante coerenza al fluire della vita e al suo mistero. Sono immagini circonfuse da una aura pervasa dalla religione del sentimento; sono dirette, immediate, scevre da interferenze con mortificanti compromessi, incuranti delle valutazioni di merito relative a ogni possibile graduatoria di superiorità nel paragone tra risultati brillanti oppure modesti conseguiti sul piano socioeconomico. esse ripropongono al rigenerazione di una umanità pulita, foriera e detentrice dei giusti valori; a riassumere il senso ci soccorre la certezza che la “imago hominis” , riflette la fede nella vocazione autentica dell’uomo alla comprensione del mondo, alla solidarietà e , soprattutto, al rispetto per le consolidate conquiste di una civiltà, assolutamente condivisa, affermatasi con funzione e indiscutibile verità nel solco della sua storia.

UMBERTO NOBILI 29/09/2018 Reggio Emilia

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